La vastità della mia Rassegna stampa è in parte dovuta all’ottimo rapporto che si era creato tra me ed alcuni giornalisti. Succede anche sui quotidiani nazionali ma, se uno ci fa caso, è evidente che sulle pagine della cultura dei giornali locali si parla sempre delle stesse persone: stesso cantante, stesso intellettuale, stesso pittore. Se ci fate caso noterete che il giornalista medio non ha uno sguardo a 360° su quello che lo circonda e preferisce fare il suo lavoro guardando al confort che gli dà la sua rubrica telefonica, sia perché è molto spesso sottopagato, e quindi farsi offrire la colazione rappresenta una svolta positiva alla sua giornata, sia perché l’Italiano medio è talmente abituato a ricevere spazzatura dai media che accetta qualsiasi cosa.
Una volta un’Associazione mi organizzò una rassegna in una città molto lontana da casa mia (a scanso di equivoci: non è l’evento di cui si parla nell’articolo qui sopra). A quel punto la procedura standard prevede che loro redigano un comunicato stampa e lo facciano avere agli organi di informazione locale, visto che il successo di un evento del genere non è misurato tanto dalla quantità di persone che vi parteciperanno, ma dall’eco mediatico che questo avrà. Nel mandare le informazioni ai giornali, che il più delle volte riportano tale e quale quello che gli arriva, si darà molto risalto all’organizzazione, mentre l’autore verrà semplicemente nominato, visto che è solo un mezzo per dare un senso ad un’Associazione che esiste proprio grazie da eventi del genere.
Io, sapendo tutto ciò ed essendo anche a fine carriera e con molti sassolini da togliermi nei confronti dell’ipocrisia di quel mondo, chiamai allora una mia amica che si occupava amatorialmente di promuovere eventi musicali ed era quindi solita creare comunicati stampa. Dopo averle spiegato la situazione decidemmo di farla sporca, anche perché, vivendo entrambi a molto più di 100 chilometri dal luogo della rassegna e non avendo agganci da quelle parti, non c’era tanta speranza di prevalere sull’altro comunicato. Mandammo quindi, all’indirizzo email generico del giornale, un pezzo completamente incentrato su di me e senza nominare l’Associazione.
Nel dietro le quinte, prima che partissero rassegna e dibattito, ad un certo punto arriva nervosissimo uno degli organizzatori con una copia del giornale locale in mano, indignato perché si parlava solo di me e soprattutto ignaro del perché quel giornalista, che lui spacciava come suo amico, avesse stravolto il loro comunicato, permettendosi addirittura di pubblicare una mia foto anziché il logo dell’Associazione come faceva di solito. Quindi: la stessa persona che aveva organizzato quell’evento culturale e che doveva quindi rappresentare il meglio della decaduta Società italiana, anche se 5 minuti prima aveva il fatto il buon padrone di casa parlando con un tono pacato da tipico uomo di cultura che vuole salvare il mondo (peraltro in tempi di diavoli al Governo), vistosi toccato nei suoi interessi di “persona superiore alla media”, era passato in un attimo da essere intellettuale ad essere più arrogante di Moggi durante le telefonate di calciopoli.
Credo di essermi trattenuto a stento dalla soddisfazione che mi avrebbe dato il dirgli:
Guarda che è un povero cristo che non conta nulla come me che ha mandato il comunicato, quindi forse non sei così grosso come vuoi far capire di essere.
Francamente non so perché le cose andarono così. Forse per un caso fortuito accaduto nel passare le carte o forse perché avevamo avuto la fortuna di trovare un giornalista più stufo di noi di quell’ipocrisia che si respira dietro al mercato dei comunicati stampa nei media di provincia. Certo è che, quando ripenso a quell’evento e a tanti di simili che mi sono capitati in quegli anni, non ho proprio nessun rimpianto di aver smesso di bazzicare ambienti fatti di figli di papà che non hanno mai lavorato in vita loro e che credono di meritarsi un mondo migliore.
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