Gli Oscar 2017 sono passati alla storia per la proclamazione sbagliata del film vincitore.
Nella situazione tragicomica che si creò sul palco, i commentatori si soffermarono tutti sull’errore, imbastendo i soliti scenari cospirazionisti che vanno tanto di moda in quest’epoca. In realtà la scena degna di nota era un’altra e dovrebbe insegnare tante cose ai nostri registi piagnucoloni, sempre alla ricerca di una scusa per dare la colpa agli altri della loro mediocrità.
Lo dico da grande nazionalista, che proprio per questo sentimento si arrabbia con quella parte dei suoi concittadini che spingono talmente tanto sullo stereotipo dell’Italiano, che alla fine quello stesso stereotipo sta diventando la regola.
Se andate a vedervi il filmato degli Oscar 2017 nel momento in cui si capisce che c’è stato un errore, vedete il produttore del film premiato per sbaglio che fa di tutto per spiegare cosa è successo, comportandosi come se fosse il primo a preoccuparsi che le cose si risolvano, con una dignità e una professionalità che dovrebbe essere d’insegnamento a tutti.
Immaginatevi invece se al posto suo ci fosse stato un Italiano.
Il giorno dopo ci sarebbe stata quanto meno un’interrogazione parlamentare dei partiti di maggioranza, quelle dei partiti di minoranza e delle rispettive minoranze al loro interno, la dichiarazione di qualsiasi Istituzione che nel tentativo di essere sotto i riflettori mediatici non può farsi superare da nessun altra Istituzione più chiassosa, denunce a Procure della Repubblica varie e tutto il resto che, da Italiani, conoscete meglio di me.
Io mi ricordo quando Totti fece il fallaccio a Balotelli.
Il giorno dopo il Presidente della Repubblica dell’epoca intervenne con un messaggio per dire la sua, e lo fece ovviamente all’Italiana: dicendo le cose, ma non dicendole, perché evidentemente ad avviso suo o dei suoi consiglieri, la questione non era calcistica ma di un altro tipo, che vi lascio facilmente immaginare quale fosse visto che c’era Balotelli di mezzo.
Fare qualsiasi cosa fuori dagli schemi nel mondo del cinema o della fotografia in Italia è più difficile che altrove, perché il Paese che circonda chiunque voglia innovare, senza accettare di dare un pezzo della torta scaturita dai suoi sacrifici ai soliti gruppetti di amici che fanno selezione all’ingresso usando criteri che sono tutto fuorché il merito, è quello che ho appena descritto:
quello dove chi alza la voce ha sempre ragione, quello delle mandrie di nullafacenti che ad ogni cosa minacciano di andarsene dal Paese (e per sfortuna degli altri non lo fanno mai), quello delle Associazioni che hanno 4 iscritti ma che con un comunicato stampa hanno l’appoggio di mezzo Parlamento.
Daniele Carrer