Dal 2004 in poi cominciai a capire che non c’era futuro alla mia attività di cortometraggista. Continuando in quel modo il massimo a cui potevo aspirare sarebbe stato un appartamento della periferia romana condiviso con persone che nemmeno conoscevo, leccando da mattina a sera i piedi a qualcuno per arrivare a quella sorta di mito del “fare un film”, perché questo significa produrre cinema da noi.
Probabilmente il biennio 2005/2006 fu quello di maggiori successi per me: la monografia a “La 25a ora” su La7, un sacco di articoli di giornale, i premi nei Festival internazionali con “Il mio mondo personale 2” e con “Italia 2006”. Il punto era che stavo giocando in un campetto pieno di buche e di sogni adolescenziali e per poter fare degnamente quella vita avevo bisogno della serie A che, aldilà dei miei meriti, era irraggiungibile per il modo in cui sono fatto io.
Ad un certo punto, proprio in quegli anni di relativi successi, cominciai a chiedermi come potevo chiudere al meglio la mia carriera. Mi diedi un orizzonte temporale produttivo legato al compimento dei 30 anni, che nel mio caso corrispondevano al settembre 2007. Oltrepassato quel momento non avrei più prodotto nulla e non avrei più spedito ai Festival. Riuscii a rispettare entrambe le cose, per altro lasciando il palco con un cortometraggio intitolato Autopia Zen 41600 che non era all’altezza dei precedenti, sia perché i tempi non erano più gli stessi, visto che con l’arrivo di Youtube stava cambiando tutto prepotentemente, sia perché avevo accettato di dividerne la creazione con un amico, e quindi tutta la libertà e ispirazione dei lavori passati si era persa in un’opera che, da solo, non avrei mai fatto in quel modo.
L’ultima proiezione a cui presenziai, fatto salvo per alcuni incontri monografici a cui in seguito accettai di partecipare perché mi sembrava da arroganti dire di no, fu a Barcellona nel 2006. Qualcuno della mia generazione si ricorderà bene quel periodo in quella città, perché proprio in quei giorni, per altro a poche centinaia di metri dal luogo del festival, Fabio Volo stava registrando un programma che si chiamava Italo-Spagnolo, probabilmente l’ultimo programma degno di nota prodotto da MTV (lo dice uno che nel 2009 al 2013 ha lavorato indirettamente per quella rete).
A parte la qualità dell’organizzazione del DI.BA festival, che ovviamente anziché scimmiottare Cannes come fanno in Italia dove di solito si concentrano solo sui cortometraggi, aveva costruito attorno alle proiezioni un evento che andava ben oltre il cinema, con musica, feste e quant’altro serviva ad attirare pubblico giovane e culturalmente elevato (da noi invece è tutto in funzione dell’Assessore alla cultura di turno che sale sul palco per le foto di rito e ha in platea il suo amico giornalista che l’indomani gli farà un trafiletto in terza pagina).
Ad un certo punto, anche se francamente non ne sentivo molto il bisogno visto che ero sereno nella consapevolezza di trovarmi in un posto pieno di bella gente in una città magnifica, senza nessuna introduzione partì la proiezione de “Il mio mondo personale 2”: doppiato in inglese e coi sottotitoli in catalano. Mi ricordo ancora bene il momento in cui arrivarono i titoli di coda e pensai
il mio l’ho fatto, adesso volto pagina.
Lì finì tutto.
Ovviamente non ho mai abbandonato ripresa e montaggio: ho iniziato a produrre video satirici (che forse si trovano ancora da qualche parte nella rete) e dal 2009 ho lavorato in TV come dipendente. Quando ho smesso di farlo ho anche ingenuamente provato a produrre a mie spese un format, perdendoci un sacco di soldi in un settore dove si va avanti a colpi di Santi in Paradiso. Poi sono diventato un imprenditore digitale e ho trovato la mia strada, che potete vedere aggiornata su www.stockfootage.it, www.dabrand.it, www.footageforpro.com e su altri siti che metto online quando credo di avere una buona idea.
Alcuni dei nomi che vedevo spesso accostati al mio nei programmi dei Festival di inizio millennio sono riusciti ad arrivare in sala con un film vero e proprio, ma visto lo stato del cinema in Italia non credo se la passino tanto meglio di quei quarantenni che vivono in un appartamento condiviso con sconosciuti al Quadraro o al Pigneto, attaccati compulsivamente ai social network per rispondere ai commenti quando pubblicano la loro foto in atteggiamenti da regista scattate in qualche set fatto di gente pagata con panini e “ti nomino nei titoli di coda”.
Io sto bene così, anzi non sono mai stato meglio in vita mia.