A metà degli anni 90 si aprì un’epoca di cambiamento tecnologico che portò in poco tempo ad una rivoluzione. Prima di allora montare un filmato su un sistema analogico significava lavorare in ordine cronologico: se a risultato finito ci si accorgeva che una certa parte del racconto andava invertita con un’altra, com’è all’ordine del giorno fare, bisognava ricominciare da capo. Il metodo di lavoro era quindi completamente diverso rispetto ad oggi: bisognava arrivare con una sceneggiatura di ferro (e avere buone capacità d’astrazione per immaginare ciò che in quel momento era solo su carta come se fosse già in video) e si era obbligati a controllare attentamente ogni stacco visto che, una volta attaccato lo spezzone successivo, non si poteva più cambiare. In più si doveva spulciare ogni fotogramma per evitare i drop out, ovvero quelle linee orizzontali di segnale difettoso di cui oramai si è persa traccia nell’immaginario visivo dei più giovani.
Se si vuole inserire un titolo in una linea di montaggio analogica si deve sincronizzare in diretta un videoregistratore su cui si sta riproducendo il nastro che trasmette il filmato con una titolatrice nella quale si è precedentemente messa in memoria la scritta da mettere in sovrimpressione, sperando di riuscire a trovare il tempismo desiderato. Con il digitale non si doveva più fare nulla di tutto ciò, ed io avevo sia la testa che i dati anagrafici per imparare ad usarlo.
Nel 1998 comprai il mio primo computer e ci installai Adobe Premiere 4.2. Pur con i limiti di un hard disk che al tempo poteva contenere solo pochi minuti di video a buona qualità, mi ritrovai improvvisamente tra le mani uno strumento che, nello spazio del ripiano della scrivania della mia cameretta, conteneva una tecnologia infinitamente superiore a quella che c’era in due stanze piene di videoregistratori, mixer, centraline e cavi in un qualsiasi studio di produzioni audiovisive. Ecco perché le prime persone ad odiarmi nel settore non furono gli autori miei coetanei, visto che al tempo la velocità di internet non permetteva il nascere di portali dedicati alla riproduzione di video, ma i grandi vecchi del settore che vedevano in me un genere di persona che in breve tempo li avrebbe messi sulla strada.
Ricordo un sacco di chiacchierate fatte con persone di mezza età che non avevano nessuna voglia di imparare ad usare la nuova tecnologia e che passavano il loro tempo a cercare di convincermi che l’analogico era meglio, che le loro attrezzature erano costate centinaia di milioni e quindi era ovvio che fossero di qualità maggiore delle mie e che
sì sì ne riparliamo fra 20 anni.
Di fronte ad una rivoluzione tecnologica cambia tutto, non solo quello che è legato alle attrezzature. Se penso semplicemente a “Il mio mondo personale I parte” del 2000, mi viene in mente un corto che solo 5 anni prima non era realizzabile nemmeno volendo, perché per farlo ci sarebbe stato bisogno di una cinepresa a pellicola impostata per girare un fotogramma al secondo, visto che non esistevano videoregistratori in grado di riprodurre un nastro a quella velocità senza disturbi. Di conseguenza, essendo la cinepresa a non montabile su un normale parabrezza come feci invece io con la mia telecamerina digitale, ci sarebbe stato bisogno di un’auto fatta apposta per ospitarla. Quindi i passanti che oggi si vedono nel mio cortometraggio, in quel caso sarebbero stati influenzati dalla vista di strumenti così strani e non sarebbero più stati loro stessi, facendo cadere uno dei fondamenti narrativi della mia opera.
Ho citato un esempio legato ad un corto molto proiettato ai festival e trasmesso un paio di volte da televisioni nazionali, ma che l’Italiano medio di sicuro non ha mai visto. E’ però esemplificativo di un discorso che piano piano si è allargato all’intero mondo della produzione video, che da quel momento in poi non era più obbligato a sottostare a molti paletti legati all’arretratezza della tecnologia e che limitavano la creatività degli autori.
In 10 anni è cambiato tutto. E noi siamo stati i primi a farlo, prendendo a calci quelli c’erano prima di noi che non volevano mollare la presa e influenzando tutti quelli che sono venuti dopo e che oggi magari hanno milioni di iscritti ai loro canali Youtube e che con la telecamera del loro smartphone, chiusi nella loro cameretta, hanno in mano uno strumento che può cambiare il mondo. Ecco perché abbiamo fatto la storia e un giorno ci ringrazieranno per averlo fatto.